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Composizione negoziata e misure protettive in caso di piani liquidatori: orientamenti giurisprudenziali a confronto

Tra le questioni più controverse in tema di misure protettive nella composizione negoziata vi è quella relativa alla richiesta di misure in presenza di tentativi di risanamento non fondati sulla prosecuzione dell’attività aziendale (cosiddetta composizione negoziata della crisi liquidatoria).

Non è la prima volta che i tribunali si interrogano sull’ammissibilità di una domanda di composizione negoziata della crisi priva di concrete possibilità di prosecuzione dell’attività imprenditoriale.

Con l’ordinanza del 4 dicembre 2024 – già commentata su queste colonne (cfr. Il Sole 24 Ore, 14 gennaio 2025) – il Tribunale di Mantova aveva evidenziato come la condizione oggettiva per accedere alla composizione negoziata potesse coincidere non solo con lo stato di crisi, ma anche con quello di insolvenza (prospettica o già conclamata). In tale ottica, la composizione negoziata poteva essere finalizzata anche alla mera liquidazione del patrimonio. In quel caso, la prosecuzione dell’attività d’impresa era temporanea e strumentale alla liquidazione dei beni, cui il debitore aggiungeva un plus mediante l’apporto di beni personali.

Di diverso avviso si è mostrato il Tribunale di Verona, che con decreto del 10 marzo 2025 ha rigettato un’istanza di conferma delle misure protettive nell’ambito della composizione negoziata della crisi, proprio in ragione della natura meramente liquidatoria del piano presentato dalla debitrice.

Nel caso specifico, la società ricorrente – di fatto inattiva, priva di dipendenti e risorse – aveva basato il proprio percorso sulla cessione dell’unico cespite immobiliare a favore di un terzo, che peraltro non aveva formulato alcuna offerta vincolante. Ulteriore criticità era rappresentata dall’assenza di indicazioni, anche sommarie, sulle modalità di soddisfazione da proporre ai creditori nell’ambito delle trattative.

La proposta, priva di una reale prospettiva di continuità aziendale e formulata in termini generici, ha offerto ai giudici veronesi l’occasione per ribadire che le iniziative della debitrice devono essere illustrate in modo completo ed esaustivo nel piano di risanamento previsto dall’art. 19, comma 2, lett. d), del Codice della crisi d’impresa. Tale piano non può limitarsi alla mera liquidazione dei beni, ma deve necessariamente prospettare la prosecuzione dell’attività, anche se in capo a terzi mediante la cessione del compendio aziendale.

Nel caso esaminato, i giudici hanno censurato il fatto che i tentativi di ristrutturazione fossero orientati esclusivamente a un pagamento a saldo e stralcio dei debiti e al trasferimento dell’immobile, senza alcuna prospettiva di continuità aziendale. In assenza di dati economici e patrimoniali prospettici – come ricavi, costi e mezzi di finanziamento – la soluzione proposta si traduceva in una mera liquidazione funzionale alla ristrutturazione del debito.

A dispetto di un piano formalmente volto a garantire la continuità aziendale, l’obiettivo reale della debitrice si rivelava essere un’operazione puramente liquidatoria.

È in questo contesto che si colloca il salto logico compiuto dal collegio veneto rispetto all’orientamento mantovano. Un esito liquidatorio della composizione negoziata è possibile, ma solo in presenza dei presupposti previsti per il concordato semplificato. Ciò è ammesso quando, al momento dell’avvio delle trattative, vi siano ragionevoli possibilità di risanamento, che risultino tuttavia impraticabili – come attestato dall’esperto – ai sensi dell’art. 25-sexies del Codice della crisi d’impresa, nonostante trattative condotte secondo correttezza e buona fede.

Tale soluzione concilia, da un lato, l’utilizzo di misure protettive finalizzate al risanamento dell’impresa, in linea con l’approccio conservativo della direttiva (UE) 2019/1023, e, dall’altro, l’ammissibilità del concordato semplificato (o di una soluzione liquidatoria) come extrema ratio a fronte dell’esito negativo delle trattative, e non come sbocco “naturale” della composizione negoziata.

Se la composizione negoziata deve essere indirizzata al risanamento dell’impresa, le misure protettive a essa strumentali non possono che essere ad esso coerenti.

COMPOSIZIONE NEGOZIATA: È AMMESSA N CASO DI PIANO LIQUIDATORIO?

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